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Cinta Fortificata  

(1885 - 1905)

Municipi

I, XIII, XIV

Archivio digitale Progetto Forti - Fondo Forti di Roma - Foto di Fabrizio Latini, Simone Ferretti

Vicende e descrizione storica - sintesi

Al pari di altri campi trincerati europei ove venivano predisposte cinte continue a difesa degli abitati (per prevenire gli attacchi di sorpresa) e uno o più anelli di forti distanziati, a Roma si decise di impiegare come cinta continua quelle esistenti costituite dalle mura aureliane (che seppur non adeguate erano di ragguardevoli dimensioni), e da quelle vaticane e gianicolensi, integrandola con una di nuova costruzione. La nuova cinta fu realizzata a partire dal 1885 tra il Tevere e le alture di Monte Mario, Ciocci e Vaticano, con lo scopo di difendere l’ampliamento della città in corso nella zona di Prati di Castello allora delimitato dal Viale delle Milizie e dalla Piazza d’Armi, controllando, insieme ai forti Trionfale, Braschi e Boccea, le vie di accesso alla città, nonché l’area della Valle dell'Inferno la cui conformazione orografica non consentiva una completa ed efficace sorveglianza.

Lunga complessivamente 4500 metri  e suddivisa in sei tratti, la cinta fu realizzata in due tempi: il primo tratto di 1000 metri tra il Tevere e il Forte di Monte Mario tra il 1885 e il 1893, i rimanenti cinque tratti di 3500 metri (Forte di Monte Mario-Via Trionfale, crinale di Monte Mario-Via della Balduina, crinale di Monte Ciocci-Strada dell’Inferno, pendici verso il Bastione Vaticano-Via Aurelia Nuova, e da questa fino a Villa Fontana), tra il 1886 al 1905, per un costo stimato di £ 4.750.000.

La cinta era costituita da un fossato asciutto continuo con profondità al fondo di 7 metri provvista di scarpa in muratura e controscarpa in terra tranne che per i tratti con salti di quota ove era realizzata in muratura, intervallata da alcune batterie armate di obici e mortai le quali presero i nomi dalle ville e vigne adiacenti. Le comunicazioni attraverso la cinta erano garantite da pesanti ponti fissi e girevoli (con galleria di manovra ipogea) che furono realizzati sulle Via Angelica, Trionfale e sulla Via Aurelia Nuova e per mezzo di ponti levatoi provvisti dei cd. diamanti sulle strade della Balduina e dell’Inferno, mentre per le comunicazioni tra i diversi tratti sia a carattere militare che per l’accesso ai fondi fu realizzata una strada militare il cui tracciato correva adiacente ad alcune opere minori (polveriere, cisterne e casematte di accesso al fossato) in parte ancora conservate.

Il tracciato interposto tra il Tevere e l’area compresa tra Villa Mazzanti e Villa Madama, intersecava l’inizio della Via Angelica (area dell’odierno Museo del Genio e del Piazzale Maresciallo Giardino ove era posta la I batteria (Tevere) e proseguiva inerpicandosi per la collina di Monte Mario adiacente a Villa Mazzanti e Villa Mellini unendosi mediante passaggio coperto al fossato dell’omonimo forte. Il fossato (toponomasticamente ancora oggi denominato Via del Forte di Monte Mario) dal forte discendeva su via Trionfale (all’altezza di Via Parco della Vittoria), lambiva quindi la Chiesa della Madonna del Rosario e proseguiva sul crinale ove era posta la II batteria (Valentini) fino ad intersecare a valle la via sul fosso della Balduina (odierna Viale delle Medaglie d’Oro), per risalire poi verso Monte Ciocci ove erano poste la III e IV batteria (Bini e Ciocci), proseguiva sul crinale fino ad includere l’imbocco della galleria del viadotto ferroviario a Valle Aurelia dove scendeva per risalire di nuovo verso la Via Aurelia, ove con una cinta occasionale includeva la collina di Villa Fontana (nei pressi dell’odierna sede della Curia Generale dell'Ordine dei Frati Minori), l’uscita della galleria ferroviaria e Porta Pertusa chiudendo sul bastione posto alla sua destra. 

 

Uso, stato di conservazione e vincolo della Cinta Fortificata

La Cinta (impiegata anche come limite daziario), in seguito alla radiazione dal novero delle fortificazioni a difesa della Capitale avvenuto nel 1919 fu in parte alienata dal Demanio e, nei tratti interessati dall’urbanizzazione, progressivamente demolita o interrata.

I tratti conservati più consistenti sono dislocati a Monte Mario e a Monte Ciocci, entrambi nel perimetro della Riserva Naturale di Monte Mario.

A Monte Mario la parte conservata comprendente il fossato del Forte di Monte Mario percorre trasversalmente il perimetro della Riserva da Via Gomenizza a Via Trionfale. In particolare dal lato di Via Gomenizza si conservano le casematte di accesso al fossato a valle, a mezza costa e in sommità sull’angolo del Forte di Monte Mario mentre dal lato di Via Trionfale (un tempo toponomasticamente denominata Via del Forte di Monte Mario) il fossato è tutto conservato eccetto gli ultimi metri adiacenti a Via Parco della Vittoria. Per impedire l’accesso al forte dal lato della Via Trionfale l’originaria poterna sul muro di scarpa del forte è stata interrata così come è stato fatto crollare un ponte in ferro che scavalcava in quota il fossato in corrispondenza della stessa.

A Monte Ciocci il tratto conservato delimita l’omonimo parco e corrisponde alla Batteria III Villa Bini. La Batteria Bini è formata da due distinte casematte di diversa forma e consistenza, unite dal muro di scarpa (lungo circa 240 ml) del fossato sottostante raggiungibile da due ingressi superiori posti all’interno del parco, lungo Via Domizia Lucilla (ex strada militare), provvisti di cancello. Le casematte, perfettamente conservate, sono chiuse mentre il fossato è in larga parte non praticabile per la vegetazione presente; esso è visibile su Via Sesto Rufo in adiacenza al civico 18 e a tratti sul retro delle palazzine di Via Cremuzio Cordo). Della Batteria IV Monte Ciocci è conservato solo l’ingresso (la batteria è stata demolita in occasione dei lavori di raddoppio della ferrovia Roma – Viterbo), visibile nella piazza belvedere del Parco di Monte Ciocci ove è conservata anche una cisterna ipogea. Si conserva inoltre il sedime del tracciato dell’ultimo tratto compreso tra Via Angelo Emo e Via Aurelia.

Dei tratti interrati alla Balduina sono visibili altri resti di casematte: a Via Cadlolo a monte del civico 134 (ove sono visibili dei resti a valle dell’ingresso di servizio di Villa Miani) e poi a Via Fedro (ove è visibile il prospetto dell’ingresso a monte del civico 50), e poi l’area militare compresa tra P.le Socrate - Via Cornelio Nepote e Viale delle Medaglie d’Oro sul quale, a monte del civico 103, sono visibili dei resti di prospetto con fuciliere murate (un tempo ingresso del Ristorante “da Omero ar ‘400”) con altri locali casamattati oggi abbandonati sulle pendici verso Monte Ciocci.

La Cinta non ha un decreto di vincolo specifico ma è comunque vincolata ope legis ai sensi dell’art.12 comma 1 del Codice dei Beni Culturali.

 

Il Compendio Demaniale

Il compendio demaniale originale è conservato solo a tratti. Del primo tratto si conserva il sedime del fossato reso evidente dal filare di cipressi sul margine di Piazzale M.llo Giardino acquisito nel secondo dopoguerra da Roma Capitale così come la casamatta a valle del primo tratto del fossato verso il forte di Monte Mario che è demaniale così come il tratto che giunge a Via Trionfale. E’ demaniale anche il sedime posto a monte di Via Quintiliano così come quello incluso nell’area militare di Viale Medaglie d’Oro ove si conserva anche la strada militare che giunge fino a Via Cornelio Nepote. Altro tratto di sedime esistente è quello compreso tra Viale Medaglie d’Oro e Via Mario Turba che conserva anch’esso la strada militare. Il tratto di Monte Ciocci nel 2013 è stato acquisito da Roma Capitale. E’ demaniale l’ultimo tratto di sedime del tracciato compreso tra Via Angelo Emo e Via Aurelia il tratto verso il Vaticano.

 

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